sabato, Ottobre 5, 2024
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Cosenza, Fem.In:“I tribunali non sono spazi sicuri”

COSENZA – La gradinata del tribunale di Cosenza è stata tinta di rosso nella notte e affisso uno striscione con scritto “I tribunali non sono spazi sicuri”. Ancora più giù alcuni fogli contro il modo e le tempistiche con cui i tribunali trattano le violenze di genere.  E’ questa l’ennesima iniziativa di protesta del gruppo Fem.In. Cosentine in lotta

“È ormai tristemente noto il modo e le tempistiche con cui i tribunali trattano le violenze di genere, siano queste domestiche, sessuali, psicologiche o economiche, le ultime due spesso neanche riconosciute” – scrive sul suo profilo Facebook il gruppo Fem.In. Cosentine in lotta.

Le formule standard applicate da giudici e avvocati della difesa, spesso uomini ben arroccati sui propri privilegi di genere e classe, sono vittimizzazione secondaria, screditamento della vittima e spesso, troppo spesso, il ricorso a cavilli tecnici per perdere tempo e far cadere i reati in prescrizione, senza doversi neanche sprecare a fare un processo.

I tribunali diventano così spazio di lunghi, anzi, lunghissimi calvari: basti pensare che per completare tutti i gradi di giudizio s’impiegano circa dieci anni, che molte vittime trascorrono senza protezione alcuna. Lunghi calvari il più delle volte inutili al fine di ottenere giustizia e protezione, cose a cui questi spazi dovrebbero essere invece deputati.

Il tribunale di Cosenza, sia in sede penale che civile, ha dato ampia dimostrazione di questo, e i casi che abbiamo raccolto sono solo quelli più emblematici e contradditori.

Certo, l’istituzione è lo specchio degli uomini che la rappresentano nelle sue cariche più alte, allora cosa potremmo mai aspettarci da un’istituzione rappresentata dal procuratore Spagnuolo? Quest’ultimo, con le sue irresponsabili affermazioni, dimostra nella migliore delle ipotesi di non aver mai letto i dati provenienti dallo stesso tribunale e dalla stessa questura di Cosenza, mentre nell’ipotesi più credibile e infausta dimostra di prendere il problema sottogamba, perché appunto in quanto uomo di potere, non lo riguarda.

È quindi evidente il cortocircuito per cui lo spazio che dovrebbe curare gli effetti del problema è invece esso stesso parte e alimentatore del problema.

Invaderemo questo spazio ogniqualvolta le vittime non verranno credute e verranno “processate” al posto dei loro aguzzini. Affronteremo ogni giudice, ogni avvocato e ogni procuratore violento affinché tutto cambi.

Perché voi siete parte del problema, noi invece siamo parte della soluzione e non vi lasceremo più alcuno spazio! – concludono

 

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